Superficie: 125,23 kmq
Popolazione: 7.276 circa
Altimetria: 185 m s.l.m.
Come arrivare
Provenite da Cagliari? Prendete la statale 130 fino a Decimomannu (ma senza entrarci) e poco dopo girate a destra per Villasor sulla 196 e seguendo l’indicazione per Villacidro. Provenite dal nord dell’Isola? Percorrete la 131 in direzione Cagliari, e all’altezza di Sanluri prendete la 197 per Gonnosfanàdiga.
Sappiate che ...
Gonnosfanàdiga, per gli amici Gonnos, è un paese dalle origini un po’ incerte a partire dal nome. Proprio al nome, studiato e analizzato da fior di studiosi come Wagner, Bertoldi, Terracini e Carta Raspi, nessuno è mai riuscito a dare una spiegazione univoca. Se prendiamo in considerazione alcuni paesi sardi - per esempio Gonnesa, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Gonone - notiamo la comune radice gon (ma in Sardegna solo gli abitanti di Gonnosfanàdiga sono chiamati “gonnesi”). Per Wagner il significato di gon è “collina”: analizzando una carta topografica si vede che effettivamente questi paesi sorgono su una collina. Il grande filologo-linguista Giovanni Semerano conferma questa versione: “Molti toponimi baschi hanno goni e gon in nomi di monti.
Omerico gonnòs: colle. Fenicio gona: monte. Babilonese gennu, ginnu, kinnu: montagne”. Guarda caso, Gonnos sorge proprio in altura. La seconda parte del nome, Fanàdiga, esisteva già come campagna, terra fanatica, e secondo alcuni era un nome utilizzato dai romani per la presenza di qualche fanum (tempio). La spiegazione tuttavia non convince. Comunque, un po’ come Budapest dal Danubio, il paese è diviso dal Rio Piras in due parti ben distinte: Gonnos è la porzione a destra del fiume e sta in alto, Fanàdiga è la parte a sinistra e sorge in pianura. Secondo i suoi abitanti sorse intorno al 1610 in seguito alla distruzione del villaggio di Serru da parte dei Barbareschi, costringendo i profughi a rifugiarsi a Gonnos. Secondo gli studiosi, che hanno l’abitudine di complicare le cose, è invece necessario risalire a circa 6-7mila anni fa, quando popolazioni neolitiche si insediarono in Sardegna per la prima volta e vivevano sfruttando tutto ciò che la natura offriva, tranne gli elettrodomestici. Ora parliamo di chiese.
A Gonnos ce ne sono molte e piuttosto interessanti. Oltre che luoghi sacri erano anche spazi destinati a manifestazioni popolari, come Su Scravamentu (la rimozione del Cristo dalla croce) durante i riti pasquali del Venerdì Santo. Gli attori erano scelti fra la gente del paese, il regista era un sacerdote, la lingua era il sardo e la chiesa si occupava dei costumi. Questi spettacoli sacri erano preparati con estrema cura e attenzione ed erano vissuti con grande emozione, non solo dagli attori ma anche dagli spettatori. La parrocchia di Santa Barbara, per esempio, ospitava queste esibizioni. La chiesa più recente è quella dedicata alla Beata Vergine di Lourdes, consacrata nel 1970 grazie all’iniziativa di mons. Cauli.
Sorge nella parte bassa del paese, dove fino a pochi decenni fa c’era ancora la campagna (non è un modo di dire, è proprio così). Tuttavia la chiesa cui i gonnesi sono più affezionati è quella di Santa Severa. Un’antica leggenda dice che se il simulacro sistemato sopra l’altare fosse spostato dalla sua nicchia si scatenerebbero violenti fenomeni atmosferici, ma di questo riparleremo più in là. Sul granito, nella parte inferiore del colle, si possono notare delle piccole impronte che - sempre secondo la leggenda - appartengono alla Santa venuta in terra per stare vicino ai suoi fedeli. Non c’è motivo di non crederci. A proposito di granito, al centro del paese c’è una gradinata realizzata nel 1950 costituita da 292 gradini di granito bianco sul fianco nord del colle di San Simeone.
In cima c’è un chiosco dove potrete ristorarvi e ammirare il paese in un panorama mozzafiato. Nella sede del Montegranatico, in via Roma, è ospitato provvisoriamente il Museo zoologico naturalistico sulla flora e la fauna del Monte Linas. La sede definitiva saranno i locali ristrutturati del parco di Perda ‘e Pibera.
Economia
Gonnosfanàdiga vanta la presenza di numerosi alberi da frutto, viti, ma soprattutto grandi boschi di ulivi, la cui coltura è immemorabile come confermano le piante millenarie tuttora esistenti. Ambiente e agricoltura sono il binomio che caratterizza il paese, per questo motivo gli abitanti sono orgogliosi di avere nelle loro campagne non meno di 250 mila ulivi che alimentano un’industria olearia in crescente sviluppo.
Con l’Editto delle Chiudende (ottobre 1820) molti piccoli proprietari riuscirono ad impadronirsi dei terreni e cominciarono a piantare vigneti e uliveti dando vita alle prime aziende agricole. Oltre alle deliziose olive in salamoia e a scabecciu (passate in acqua bollente con l’aggiunta di aceto, salate, seccate, soffritte e messe sott’olio), la cucina locale presenta i piatti tipici dell’area campidanese.
Molto rinomata è la carne suina con i suoi insaccati, la salsiccia e i sanguinacci, i prosciutti, la pancetta, grandua e mustela - da leccarsi i baffi - di antica tradizione gonnese. Il pane è veramente ottimo, fatto com’è da mani abilissime: pensate che qui sono attivi ben dieci panifici! Una delle attività di punta è anche quella dolciaria, di grandissima qualità. Dolcissima e notevolissima è la produzione di miele, riscoperto come alimento importante e insostituibile per una dieta sana.